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L’indipendenza: il terzo momento decisivo

Dopo così tanto trambusto, così tante frustrazioni e delusioni, così tante gioie e dolori e tanti alti e bassi, dopo così tanti anni indimenticabili, dopo aver osservato più e più volte il susseguirsi delle stagioni, si superano le tappe importanti della vita senza accorgersene, e in un baleno ci si ritrova nella vecchiaia. I segni del tempo sono impressi su tutto il corpo: non si riesce più a stare diritti, una testa di capelli scuri diventa bianca, gli occhi luminosi e limpidi si offuscano e si appannano, la pelle liscia ed elastica diventa grinzosa e punteggiata di macchie. L’udito si indebolisce, i denti si allentano e cadono, le reazioni diventano ritardate, i movimenti rallentano… A questo punto si è detto completamente addio agli anni appassionati della giovinezza e si è entrati nel crepuscolo della vita: la vecchiaia. Poi si affronterà la morte, l’ultimo momento decisivo dell’esistenza umana.

1. Soltanto il Creatore ha potere di vita e di morte sull’uomo

Se la nascita è predestinata dalla vita precedente, la morte segna la fine di quel destino. Se la nascita è l’inizio della propria missione in questa vita, la morte segna la fine di quella missione. Poiché il Creatore ha stabilito una determinata serie di circostanze per la nascita di una persona, è ovvio che abbia organizzato una determinata serie di circostanze anche per la sua morte. In altre parole, nessuno nasce per caso, nessuna morte è inaspettata, e sia la nascita sia la morte sono necessariamente legate alla vita precedente e a quella attuale. Le circostanze della nascita e della morte sono entrambe prestabilite dal Creatore; questo è il destino di una persona, la sua sorte. Come la nascita, la morte di ogni persona avviene in una diversa serie di circostanze speciali, da cui la diversa durata della vita degli uomini e i modi e i tempi diversi della loro morte. Alcuni sono forti e vigorosi, eppure muoiono presto; altri sono deboli e malaticci, eppure vivono fino alla vecchiaia e muoiono serenamente. Alcuni muoiono di cause innaturali, altri di cause naturali. Alcuni finiscono la vita lontano da casa, altri chiudono gli occhi per l’ultima volta con i loro cari accanto. Alcuni muoiono in aria, altri sottoterra. Alcuni affondano nell’acqua, altri si smarriscono nelle catastrofi. Alcuni muoiono di mattina, altri di notte… Tutti vogliono una nascita illustre, una vita brillante e una morte gloriosa, ma nessuno può sconfinare dal proprio destino, nessuno può sfuggire alla sovranità del Creatore. Questo è il destino umano. L’uomo può fare progetti di ogni tipo per il suo futuro, ma nessuno può pianificare il modo e il momento della propria nascita e della propria dipartita dal mondo. Benché le persone facciano del loro meglio per evitare l’arrivo della morte e per resistergli, essa si avvicina silenziosamente a loro insaputa. Nessuno sa quando o come morirà, né tantomeno dove accadrà. Ovviamente non è l’umanità ad avere potere di vita e di morte, né qualche essere nel mondo naturale, bensì il Creatore, la cui autorità è unica. La vita e la morte del genere umano non sono il prodotto di qualche legge del mondo naturale, ma una conseguenza della sovranità della Sua autorità.

2. Un individuo che non conosce la sovranità del Creatore sarà perseguitato dalla paura della morte

Quando una persona entra nella vecchiaia, la sfida che affronta non è provvedere a una famiglia o stabilire le proprie grandi ambizioni nella vita, bensì dire addio all’esistenza, andare incontro alla sua fine, mettere il punto al suo termine. Sebbene apparentemente sembri che le persone prestino poca attenzione alla morte, nessuno può evitare di esaminare l’argomento, perché nessuno sa se oltre la morte esista un altro mondo, un mondo che gli esseri umani non riescono a percepire o a sentire, di cui non sanno nulla. Ciò rende le persone timorose di affrontare la morte faccia a faccia, di fronteggiarla come dovrebbero, e le spinge a fare del proprio meglio per evitare l’argomento. Così le riempie di paura della morte e aggiunge un velo di mistero a questo inevitabile fatto della vita, gettando un’ombra persistente sul cuore di ciascuno.

Quando si ha la sensazione che il corpo si deteriori, quando si avverte che si è vicini alla morte, si prova una vaga paura, un timore inesprimibile. La paura della morte rende ancora più solitari e impotenti, e a questo punto ci si domanda: “Da dove viene l’uomo? Dove sta andando? È questo il modo in cui morirà, con la vita che è volata via? È questo il periodo che segna la fine della sua esistenza? Qual è, alla fin fine, il significato della vita? Qual è il suo valore, dopotutto? Riguarda la fama e la fortuna? La possibilità di crescere una famiglia?…”. A prescindere che una persona abbia riflettuto su queste domande specifiche, e indipendentemente da quanto tema la morte, nel profondo del suo cuore c’è sempre un desiderio di sondare i misteri, un senso di incomprensione riguardo alla vita, accompagnati da un atteggiamento nostalgico verso il mondo, da una riluttanza ad andarsene. Forse nessuno può esprimere chiaramente cosa l’uomo tema, cosa voglia sondare, di cosa abbia nostalgia e cosa sia riluttante a lasciarsi alle spalle…

Poiché le persone temono la morte, si preoccupano fin troppo e non riescono a lasciar andare molte cose. In punto di morte, alcuni si crucciano per questo o per quello; si preoccupano per i figli, per i loro cari, per il loro patrimonio, come se angosciandosi potessero cancellare la sofferenza e la paura provocate dalla morte, come se, mantenendo una sorta di intimità con i vivi, potessero sfuggire all’impotenza e alla solitudine che accompagnano la morte. Nel profondo del cuore umano si cela una paura indefinita, quella di essere separati dai propri cari, di non alzare più gli occhi verso il cielo azzurro, di non vedere più il mondo materiale. Un’anima solitaria, abituata alla compagnia dei propri cari, è riluttante a mollare la presa e ad andarsene tutta sola verso un mondo sconosciuto e ignoto.

3. Una vita trascorsa a cercare fama e fortuna lascerà una persona disorientata davanti alla morte

Grazie alla sovranità e alla predestinazione del Creatore, un’anima solitaria che all’inizio non possedeva nulla acquisisce dei genitori e una famiglia, la possibilità di diventare un membro della razza umana, di sperimentare la vita umana e di vedere il mondo; ha anche l’opportunità di fare l’esperienza della sovranità del Creatore, di conoscere le meraviglie del Suo creato e, soprattutto, di conoscere la Sua autorità e di sottomettervisi. La maggior parte delle persone, tuttavia, non coglie davvero questa occasione rara e fugace. L’uomo esaurisce l’energia di una vita intera a combattere contro il destino, passa tutto il tempo ad affaccendarsi per cercare di sfamare la propria famiglia e a fare la spola tra ricchezza e status. Le cose cui le persone tengono sono la famiglia, i soldi e la fama; le considerano gli elementi più preziosi della vita. Tutti si lamentano del proprio destino, eppure relegano ancora in un angolo della mente i quesiti più urgenti da esaminare e da capire: perché l’uomo è vivo, come dovrebbe vivere, qual è il valore e il significato dell’esistenza. Per tutta la vita, a prescindere dalla sua durata, le persone corrono qua e là in cerca di fama e di fortuna, finché la giovinezza non vola via, finché non diventano grigie e rugose; finché non capiscono che la fama e la fortuna non possono arrestare la discesa verso la senilità, che il denaro non può riempire il vuoto del cuore; finché non comprendono che nessuno è esente dalla legge della nascita, dell’invecchiamento, della malattia e della morte, che nessuno può sfuggire a ciò che il destino ha in serbo. Soltanto quando sono costrette ad affrontare l’ultimo momento cruciale della vita comprendono che, anche se si è milionari, anche se si è privilegiati e di alto rango, non si può sfuggire alla morte, che ognuno tornerà alla sua condizione originaria: un’anima solitaria che non possiede nulla. Quando si hanno dei genitori, si crede che siano tutto; quando si hanno delle proprietà, si crede che i soldi siano il perno attorno a cui gira tutto, che siano il mezzo con cui vivere; quando si ha lo status, vi si rimane saldamente aggrappati e si rischierebbe la vita per esso. Soltanto quando le persone stanno per abbandonare questo mondo si rendono conto che le cose che hanno perseguito per tutta la vita sono solo nuvole passeggere, impossibili da tenersi stretti e da portare con sé, incapaci di esonerarle dalla morte e di offrire compagnia o consolazione a un’anima solitaria sulla strada del ritorno e, soprattutto, di donare all’uomo la salvezza e di permettergli di trascendere la morte. La fama e la fortuna che una persona acquisisce nel mondo materiale danno una soddisfazione temporanea, un piacere passeggero, un falso senso di tranquillità, e fanno smarrire la strada. Così le persone, mentre si dibattono nel vasto mare dell’umanità, agognando la pace, il conforto e la tranquillità del cuore, vengono ripetutamente inghiottite dalle onde. Quando le persone devono ancora rispondere alle domande fondamentali – da dove vengono, perché sono vive, dove stanno andando eccetera –, finiscono per essere sedotte dalla fama e dalla fortuna, fuorviate e controllate da esse, irrimediabilmente smarrite. Il tempo vola; gli anni passano in un batter d’occhio; prima che una persona se ne renda conto, ha detto addio agli anni migliori della sua vita. Quando si è sul punto di lasciare il mondo, ci si rende gradualmente conto che tutte le cose al suo interno stanno scivolando via, che non ci si potrà più aggrappare a ciò che si possedeva; allora si capisce davvero di non possedere nulla, come un neonato che è appena venuto al mondo vagendo. A questo punto si è costretti a riflettere su ciò che si è fatto nella vita, su cosa valga la pena vivere, su cosa significhi, sul perché si sia venuti al mondo; a questo punto si desidera sempre di più sapere se ci sia davvero un’altra vita, se il Paradiso esista veramente, se ci sia realmente una retribuzione… Più ci si avvicina alla morte, e più si vuole capire cosa sia davvero la vita; più ci si avvicina alla morte, e più il proprio cuore sembra vuoto; più ci si avvicina alla morte, e più ci si sente impotenti; così la paura della morte cresce giorno dopo giorno. Ci sono due ragioni per cui le persone si comportano in questo modo quando si avvicinano alla morte. Primo, stanno per perdere la fama e la ricchezza da cui è dipesa la loro vita, stanno per lasciarsi alle spalle tutte le cose visibili del mondo; secondo, stanno per affrontare, tutte sole, un mondo ignoto, una dimensione misteriosa e sconosciuta dove hanno paura di mettere piede, dove non hanno alcuna persona cara e nessun mezzo di sostentamento. Per queste due ragioni, tutti coloro che si trovano davanti alla morte si sentono a disagio, provano un panico e un senso di impotenza che non hanno mai conosciuto prima. Soltanto quando le persone raggiungono davvero questo punto si rendono conto che la prima cosa che occorre capire quando si mette piede su questa terra è da dove vengano gli esseri umani, perché siano vivi, chi governi il loro destino, chi provveda alla loro esistenza e abbia la sovranità su di essa. Questa conoscenza è il vero modo in cui si vive, la base essenziale per la sopravvivenza umana, non imparare a provvedere alla propria famiglia o a conquistare la fama e la ricchezza, non imparare a distinguersi dalla massa o a vivere una vita più agiata, né tantomeno imparare a eccellere e a competere efficacemente con gli altri. Sebbene le varie capacità di sopravvivenza di cui le persone acquisiscono la padronanza durante la vita possano offrire una profusione di agi materiali, non portano mai vera pace e consolazione al cuore, bensì inducono gli individui a smarrire costantemente la direzione, ad avere difficoltà nel controllarsi, a perdere ogni opportunità di scoprire il significato della vita; queste capacità di sopravvivenza creano un sottofondo di ansia riguardo a come affrontare adeguatamente la morte. In questo modo, la vita delle persone è rovinata. Il Creatore tratta tutti in modo giusto, dando a ciascuno un’intera vita di opportunità per sperimentare e conoscere la Sua sovranità, eppure è soltanto quando la morte si avvicina, quando il suo spettro incombe su una persona, che essa comincia a vedere la luce, e allora è troppo tardi.

Gli uomini passano la vita a inseguire il denaro e la fama; si aggrappano a questi fili di paglia pensando che siano i loro unici mezzi di sostentamento, come se, possedendoli, potessero continuare a vivere, potessero esonerarsi dalla morte. Soltanto quando stanno per morire, tuttavia, si rendono conto di quanto queste cose siano distanti da loro, di quanto essi siano deboli davanti alla morte, di quanto facilmente vadano in pezzi, di quanto siano soli e impotenti, senza alcun luogo in cui rifugiarsi. Si accorgono che la vita non si può comprare con il denaro o con la fama, che per quanto una persona sia facoltosa, per quanto alta sia la sua posizione, tutti sono parimenti poveri e insignificanti dinanzi alla morte. Si rendono conto che il denaro non può comprare la vita, che la fama non può cancellare la morte, che né l’uno né l’altra possono allungare l’esistenza di una persona anche solo di un minuto o di un secondo. Più gli uomini ragionano in questo modo, e più desiderano continuare a vivere; più ragionano in questo modo, e più temono l’avvicinarsi della morte. Solo a questo punto si rendono davvero conto che la vita non appartiene all’uomo, che egli non ne ha il controllo e che non ha voce in capitolo sul fatto di vivere o di morire, che tutto ciò va oltre il suo governo.

4. Sottomettersi al dominio del Creatore e affrontare serenamente la morte

Nel momento in cui una persona nasce, un’anima solitaria inizia la sua esperienza di vita sulla terra, la sua esperienza dell’autorità del Creatore che Egli ha predisposto. Inutile dirlo, per l’individuo, per l’anima, questa è una straordinaria opportunità per acquisire la conoscenza della Sua sovranità, per arrivare a conoscere la Sua autorità e a sperimentarla personalmente. Gli uomini vivono la vita secondo le leggi del destino stabilite per loro dal Creatore e, per qualunque persona razionale con una coscienza, scendere a patti con la Sua sovranità e riconoscere la Sua autorità nel corso di diversi decenni sulla terra non è una cosa difficile da fare. Pertanto dovrebbe essere molto facile per ciascuno riconoscere, attraverso le proprie esperienze di vita nel corso dei vari decenni, che tutti i destini umani sono prestabiliti, e afferrare o riassumere cosa significhi essere vivi. Nel momento stesso in cui si imparano queste lezioni di vita, si arriva gradualmente a capire da dove venga l’esistenza, a comprendere di cosa il cuore abbia veramente bisogno, cosa conduca una persona al vero percorso di vita, quali dovrebbero essere la missione e l’obiettivo di un’esistenza umana; e si riconoscerà gradualmente che se non si adora il Creatore, se non ci si sottomette alla Sua autorità, quando si affronterà la morte – quando l’anima starà per rincontrare il Creatore –, il cuore si riempirà di paura e di inquietudine infinite. Se una persona è esistita nel mondo per diversi decenni ma non è arrivata a capire da dove venga la vita umana, se non ha ancora riconosciuto in quali mani si trovi il destino umano, non c’è da meravigliarsi che non sia in grado di affrontare serenamente la morte. Una persona che, dopo aver vissuto per diversi decenni, ha acquisito la conoscenza della sovranità del Creatore è un individuo che apprezza correttamente il significato e il valore dell’esistenza; un individuo con una profonda conoscenza dello scopo della vita, con una vera esperienza e comprensione della sovranità del Creatore; e, ancora di più, un individuo in grado di sottomettersi alla Sua autorità. Una persona simile capisce il significato della creazione dell’umanità da parte di Dio, capisce che l’uomo deve adorare il Creatore, che tutto ciò che egli possiede viene da Lui e a Lui tornerà un giorno non lontano da oggi; una persona simile comprende che il Creatore predispone la nascita dell’uomo e ha la sovranità sulla sua morte, e che sia la vita sia la morte sono prestabilite dalla Sua autorità. Così, quando si afferrano davvero queste cose, naturalmente si è in grado di affrontare la morte con serenità, di accantonare tranquillamente tutti i propri averi terreni, di accettare felicemente tutto ciò che segue e di sottomettervisi, e di accogliere l’ultimo momento decisivo della vita disposto dal Creatore, anziché temerlo ciecamente e lottare contro di esso. Se si considera la vita un’opportunità per sperimentare la sovranità del Creatore e per arrivare a conoscere la Sua autorità, se la si vede come una rara occasione di compiere il proprio dovere come essere umano creato e di realizzare la propria missione, si avrà necessariamente una visione corretta dell’esistenza, si condurrà una vita beata e guidata dal Creatore, si camminerà nella Sua luce, si conoscerà la Sua sovranità, ci si sottometterà al Suo dominio, si diventerà testimoni delle Sue azioni miracolose e della Sua autorità. Inutile dirlo, una persona simile verrà necessariamente amata e accettata dal Creatore, e soltanto un individuo di questo tipo potrà avere un atteggiamento sereno verso la morte e accogliere con gioia l’ultimo momento decisivo della vita. Giobbe, ovviamente, aveva questo genere di atteggiamento verso la morte; era nella posizione di accettare felicemente l’ultimo momento decisivo dell’esistenza e, avendo portato il viaggio della sua vita a una conclusione tranquilla e completato la sua missione nell’esistenza, tornò accanto al Creatore.

5. Le ricerche e le conquiste di Giobbe nella vita gli consentono di affrontare serenamente la morte

Nelle Scritture si dice di Giobbe: “Poi Giobbe morì vecchio e sazio di giorni” (Giobbe 42:17). Ciò significa che quando morì, non aveva alcun rimpianto e non provò alcun dolore, bensì abbandonò questo mondo con naturalezza. Come tutti sanno, era un uomo che, in vita, temeva Dio e fuggiva il male; Dio elogiava le sue azioni giuste, le persone le ricordavano e la sua vita, più di quella di chiunque altro, ebbe valore e significato. Giobbe ricevette le benedizioni di Dio, fu chiamato giusto da Lui sulla terra e fu anche messo alla prova da Dio e tentato da Satana; rese testimonianza a Dio e meritò di essere definito un uomo giusto. Nei diversi decenni dopo che Egli l’aveva messo alla prova, visse una vita ancora più preziosa, più significativa, più solida e più tranquilla di prima. Per via delle sue azioni giuste, Dio lo mise alla prova; per via delle sue azioni giuste, gli apparve e gli parlò direttamente. Così, negli anni dopo essere stato messo alla prova, Giobbe comprese e apprezzò il valore dell’esistenza in modo più concreto, raggiunse una comprensione più profonda della sovranità del Creatore e ottenne una conoscenza più precisa e più certa di come Egli dia e tolga le Sue benedizioni. Il Libro di Giobbe documenta che Jahvè Dio concesse a Giobbe benedizioni ancor più grandi di quanto avesse fatto in passato, mettendolo in una posizione ancora migliore per conoscere la sovranità del Creatore e per affrontare serenamente la morte. Così Giobbe, quando invecchiò e affrontò la morte, certamente non si preoccupò delle sue proprietà. Non aveva alcuna preoccupazione, nulla di cui pentirsi e, naturalmente, non aveva paura della morte; infatti passò tutta la vita temendo Dio e fuggendo il male, e non aveva motivo di angosciarsi per la propria fine. Quante persone oggi potrebbero agire in tutti i modi in cui agì Giobbe quando affrontò la morte? Perché nessuno è in grado di mantenere un comportamento esteriore così semplice? C’è soltanto un motivo: egli visse la vita nella ricerca soggettiva della fede, del riconoscimento e della sottomissione alla sovranità di Dio, e fu con questa fede, con questo riconoscimento e con questa sottomissione che superò i momenti importanti dell’esistenza, che visse i suoi ultimi anni e accolse l’ultimo momento decisivo della vita. A prescindere da ciò che sperimentò, le sue ricerche e i suoi obiettivi esistenziali furono felici, non dolorosi. Era felice non solo per le benedizioni o gli elogi concessi dal Creatore, ma soprattutto per le proprie ricerche e i propri obiettivi di vita, per la conoscenza graduale e la comprensione vera della sovranità del Creatore che raggiunse temendo Dio e fuggendo il male, e inoltre per le Sue azioni meravigliose, che sperimentò personalmente mentre era soggetto alla sovranità del Creatore, e per le esperienze e i ricordi calorosi e indimenticabili della coesistenza, della conoscenza e della comprensione reciproca tra l’uomo e Dio; per il conforto e la felicità che gli derivavano dal conoscere la volontà del Creatore; per la riverenza che scaturì dopo che ebbe visto quanto Egli fosse grande, meraviglioso, amorevole e fedele. La ragione per cui Giobbe riuscì ad affrontare la morte senza alcuna sofferenza era la consapevolezza che, morendo, sarebbe tornato accanto al Creatore. Furono le sue ricerche e le sue conquiste esistenziali a permettergli di affrontare la morte, la prospettiva che il Creatore si sarebbe ripreso la sua vita, con un cuore calmo e sereno e, inoltre, di ergersi dinanzi a Lui immacolato e libero dalle preoccupazioni. Al giorno d’oggi, le persone possono conquistare il genere di felicità che possedeva Giobbe? Siete nella posizione di farlo? Dato che la risposta è sì, perché oggi gli uomini non sono in grado di vivere felicemente, come fece Giobbe? Perché non sono in grado di sfuggire alla sofferenza derivante dal timore della morte? Quando alcune persone affrontano la morte, se la fanno sotto per la paura; altre tremano, svengono, si scagliano contro il Cielo e contro l’uomo, addirittura gemono e piangono. Queste non sono affatto le reazioni improvvise che si verificano quando la morte si avvicina. Gli uomini si comportano in questi modi imbarazzanti principalmente perché, nel profondo del cuore, temono la morte, perché non hanno una conoscenza chiara e un apprezzamento della sovranità di Dio e delle Sue disposizioni, né tantomeno vi si sottomettono; perché vogliono soltanto organizzare e governare ogni cosa da soli, controllare il proprio destino, la propria vita e la propria morte. Non c’è da stupirsi, dunque, che non riescano mai a sfuggire al timore della dipartita.

6. Solo accettando la sovranità del Creatore si può tornare al Suo fianco

Quando una persona non ha una conoscenza e un’esperienza chiare della sovranità di Dio e delle Sue disposizioni, la sua conoscenza del destino e della morte sarà, per forza di cose, incoerente. Gli uomini non riescono a vedere chiaramente che tutto ciò è nelle mani di Dio, non si rendono conto che Egli ha il controllo e la sovranità su di loro, non riconoscono che l’uomo non può liberarsi di tale sovranità o sfuggirle; così, quando affrontano la morte, non c’è fine alle loro ultime parole, alle loro preoccupazioni e ai loro rimpianti. Sono oppressi da una grande zavorra, riluttanza e confusione, e tutto ciò li induce a temere la morte. Per qualunque persona nata in questo mondo, la nascita è necessaria e la morte inevitabile, e nessuno può trascendere questo andamento delle cose. Se si desidera abbandonare questo mondo senza dolore, se si vuole essere in grado di affrontare l’ultimo momento decisivo della vita senza alcuna riluttanza o preoccupazione, l’unico modo è non lasciare rimpianti. L’unica maniera per andarsene senza rimpianti è conoscere la sovranità del Creatore, la Sua autorità, e sottomettersi a esse. Soltanto in questo modo si può stare lontani dai conflitti umani, dal male, dalla schiavitù di Satana; soltanto in questo modo si può vivere una vita come quella di Giobbe, guidata e benedetta dal Creatore, una vita libera ed emancipata, piena di valore e di significato, onesta e sincera; soltanto in questo modo ci si può sottomettere, come Giobbe, alle prove e alle privazioni da parte del Creatore, alle Sue orchestrazioni e disposizioni; soltanto in questo modo si può adorare il Creatore per tutta la vita e ottenere la Sua lode, come fece Giobbe, udire la Sua voce, vederLo apparire; soltanto in questo modo si può vivere e morire felicemente, come Giobbe, senza dolore, senza preoccupazioni, senza rimpianti; soltanto in questo modo si può vivere nella luce, come Giobbe, superare ogni momento decisivo della vita nella luce, completare tranquillamente il proprio viaggio nella luce, compiere efficacemente la propria missione – sperimentare, apprendere e arrivare a conoscere la sovranità del Creatore come esseri creati – e morire nella luce e, dopo, stare per sempre al Suo fianco come esseri umani creati, elogiati da Lui.

Tratto da “Dio Stesso, l’Unico III” in “La Parola appare nella carne”

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